sabato 14 febbraio 2009

Tra Cappellacci e Soru non resta che scegliere il meno peggio

La campagna elettorale che si è conclusa ieri è stata molto deludente. Cappellacci è apparso un candidato troppo dipendente da un Berlusconi onnipresente ai suoi comizi e qualora venga eletto c'è da chiedersi di quale grado di autonomia possa godere nell'esercitare il proprio ruolo. L'incognita sulla sua statura politica che aleggiava al momento della sua designazione si è a oggi persino accresciuta e con essa le perplessità di tenere ben salde le redini di una coalizione i cui luogotenenti scalpitano, finora tenuti a freno dalla leadership del cavaliere non certo dal carisma dell'aspirante governatore. Ciò nonostante alla fine Cappellacci potrebbe farcela grazie ai demeriti del presidente della Giunta uscente. Renato Soru nei cinque anni di mandato ha lasciato perplessi molti esponenti del suo stesso schieramento e si è guadagnato la ricandidatura in virtù più del credito di cui gode presso l'intellighenzia di sinistra a livello nazionale ( anche grazie all'acquisto dell'Unità), che per gli effettivi risultati raggiunti nella sua esperienza di governo. Soru ha impostato la sua campagna snobbando il suo avversario ed enfatizzando la sua presunta diversità da Berlusconi. In realtà però viste lo stato di difficoltà in cui versano le sue aziende non è improprio il sospetto che anche lui stia usando la politica come strumento per curare i propri interessi personali. Soru è però forte proprio nell'elemento in cui Cappellacci risulta più fragile: l'indipendenza dalle logiche di partito. Mentre la presenza di berlusconi per Cappellacci era indispensabile, per Soru Veltroni è stata nulla di più che un elemento di supporto che non ha certo messo in discussione l'autonomia del candidato del centro sinistra
Da figure così sbiadite non era certo lecito attendersi fuochi d'artificio per ciò che concerne i programmi. Tanto pompose nelle affermazioni di principio quanto fumose riguardo i sistemi concreti con cui realizzarle, le proposte dei contendenti non saranno certamente l'elemento che determinerà l'esito delle elezioni. A parte il solito zoccolo duro che darà il suo voto più per ragioni di fede ad essere decisiva sarà la scelta di coloro che esprimeranno razionalmente la preferenza a favore del meno peggio. O forse la bilancia penderà dalla parre di quello schieramento che vedrà tra le sue fila meno disillusi intenzionati a disertare le urne. Sarà infatti interessante verificare l'intensità dell'astensionismo e cercare di capire se esso coinvolgerà più elettori di sinistra o di destra.

Un'ultima riflessione: la scelta di non occuparmi degli schieramenti minori è dovuta non solo a ragioni di tempo ma anche dalla convinzione che essi in questa tornata elettorale non avranno alcun peso apprezzabile. E in politica le presenze velleitarie equivalgono alle assenze.

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